La burocrazia pervade l’amministrazione statale: occorre digitalizzare, lo dicono tutto. Ma ecco cosa emerge da un emendamento della Lega al Dl Semplificazione, lo scrive il deputato Massimiliano Capitanio promotore dell’iniziativa a firma del collega senatore Stefano Corti:
la burocrazia, spesso legata a micro e macro interessi economici, è ovunque. Ci insegue persino dopo la morte, e questo paradosso è esploso in tutta la sua macabra aberrazione durante il lockdown, quando moltissimi Comuni erano purtroppo alle prese con la conta dei defunti, da registrare all’anagrafe. Senza fare notizia, i dipendenti comunali hanno seguito pedissequamente una procedura che, ai più, risulterà sconcertante.
Oggi i Comuni redigono gli atti di morte in duplice copia su moduli cartacei, preventivamente vidimati dalla Prefettura. Questi moduli hanno dimensioni particolari (A3+) che richiedono obbligatoriamente l’utilizzo di stampanti ad aghi. E già qui si dovrebbe alzare bandiera bianca. Ma non è finita. Gli atti cartacei devono poi essere periodicamente consegnati alla Prefettura di competenza che ne controlla la regolarità, trattenendo una delle due copie. Devono, o meglio dovrebbero perché ormai da anni, in molte città, gli archivi sono saturi e, comprensibilmente, non c’è più spazio dove contenerli. Alla faccia del cloud.
Cosa chiede l'emendamento? Ce lo scrive sempre il presentatore:
L’utilizzo di un formato standard più usuale (A4) e la trasmissione telematica degli atti di morte. Un piccolo passo verso la digitalizzazione che potrebbe consentire di risolvere molti problemi: eliminazione della stampante ad aghi (costo tra 800 e 1000 euro, per 8mila comuni sono 8 milioni di euro assolutamente inutili) e dei connessi costi di manutenzione, utilizzo di formati cartacei standard e meno costosi, risparmio di tempo nei rapporti con la Prefettura, riduzione dell’ingombro degli archivi cartacei comunali.
Dalle parole ai fatti: tra pochi giorni sapremo se ci toccherà, ancora una volta, morire di burocrazia. La condizione in cui versa il nostro Stato è drammaticamente certificata dall’indice Desi, che ci relega agli ultimi posti in Europa, davanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria. Secondo il Politecnico di Milano, questa arretratezza culturale costa all’Italia circa 25 miliardi di euro all’anno. A maggio 2019, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, intervenendo alla Conferenza sul digitale di Forum Pa 2019, era stato lapidario:
Le amministrazioni devono essere poste nelle condizioni di affrontare e vincere le sfide della trasformazione digitale, facendosi parte attiva nei processi di innovazione. E di fronte alle esigenze di soddisfacimento dei bisogni di una società complessa, non può esistere una amministrazione che non sia digitale e, al tempo stesso, non sia sottoposta a un aggiornamento continuo, come si addice a ogni struttura complessa che tratta soprattutto conoscenza.
Vi terremo aggiornati!